“PIANTATA IN ASSO”
UN ESERCITO DI PIANTE [DI SECONDA MANO] OCCUPERÀ ZONA FRANCA
19 giugno, dalle 18 alle 22
Zona Franca vi dà appuntamento per sabato 19 giugno per la presentazione della nuova performance “Piantata in asso”, parte del macro-progetto Occupy the kitchen!
Verrà offerto un piccolo rinfresco di benvenuto mentre Franca Formenti ed Evelyn Leveghi, ideatrici della performance, ne racconteranno l’essenza e le modalità di interazione.
Alla serata saranno presenti anche l’artista Giorgio Vicentini, che in quest’occasione metterà a disposizione le sue nobili arti calligrafiche per chiunque vorrà avere una restituzione grafica del proprio nome, e Barbara con i tarocchi di Jodorowsky (dalle 20 alle 22).
Perché un mercatino dell’usato delle piante?
[LA RISTORAZIONE È STATA]
PIANTATA IN ASSO
Nella mitologia greca si narra che Arianna fu lasciata su un’isola Greca di nome Nasso mentre dormiva presso la casa di Teseo, suo innamorato, il quale era fuggito per mettere al sicuro la sua nave, finita in balia delle onde in una forte tempesta. Arianna, credendo di essere stata abbandonata, era consumata dalla disperazione. Fu in questa situazione che incontrò Dionisio (rappresentato simbolicamente dall’edera e dalla vite) ed egli, incantato dalla bellezza della donna, la prese con sé e la convinse a unirsi a lui in matrimonio.
Trasponendo questa leggenda nel contemporaneo, essa diviene una metafora della ristorazione che è stata piantata in asso da tutti, perché troppo occupati a salvare il mondo dalla devastazione del virus.
Nella disperazione di questo abbandono, Madama Ristorazione incontra Sua Eccellenza Madre Natura e decide di coalizzarsi con essa per intraprendere una nuova avventura e tornare a vivere.
Zona Franca presenta dunque la performance “Piantata in asso”, facente parte del macro-progetto Occupy the kitchen!, invitando e accogliendo le piante a occupare gli spazi di ristorazione, desertificatisi in conseguenza alle restrizioni socio-sanitarie, dando vita a una nuova attività commerciale che si ibrida con quella della cucina.
Il business che si genererà è sostenibile ed etico, rispondente alla filosofia dell’economia trasformativa e circolare, esso sposta l’attenzione verso la protagonista principale del nostro tempo: la triade terra-agroecologia-ecosistema. Questa scelta nasce dalla consapevolezza delle esternalità negative ad impatto multiscalare che si sono generate dalla cecità e famelicità tipiche dell’approccio antropocentrico.
Il progetto costituisce allo stesso tempo un’istanza, un appello e un contributo per far fronte alla crisi ecologica, per suggerire riflessioni e piani di azione cooperativi e ad alto valore sociale e culturale.
La performance nasce come strategia per salvare Zona Franca dalla crisi post-pandemica utilizzando l’economia parassitaria (o greenwashing) in un approccio più rivolto alla sostenibilità: le sedie e i tavoli di Zona Franca saranno occupati da piante usate, abbandonate, organizzate in un vero e proprio mercatino dell’usato.
Perché? Sono metafora del settore della ristorazione che è stato abbandonato a se stesso, in balìa delle onde impetuose.
Il progetto ha una doppia natura: evenemenziale – una performance – e sistemica – un progetto-processo, working-in-progress. Il tutto prenderà forma concreta in un mercatino dell’usato, in cui, ad oggetti o cibi, si sostituiscono e propongono prodotti florovivaistici da re-immettere nel mercato con un valore aggiunto.
Con tale azione ed operazione – di natura sia commerciale che politica (attivista) – si intende destare una nuova attenzione verso le piante: in primis rivendicandone una piena dignità come esseri viventi, in secundis contestandone il trattamento come prodotti da usare, gettare o abbandonare. Rimettendole in un circuito etico di scambio, si apre un nuovo ciclo di vita, più rispettoso e resiliente, si vuole aumentarne la carica simbolica ed elevarle a manifesto per una resistenza vitale in un mondo post-pandemico.
“La natura aborre il vuoto: le erbacce crescono nella terra incolta; gli uccelli sono sempre pronti a colonizzare ogni tipo di habitat umano, dalle sporgenze delle costruzioni alle discariche di detriti nei laghi e fino alle vecchie miniere. Quello che stiamo osservando è un comportamento opportunistico per sfruttare le risorse che in questo momento non sono usate dalle persone. È questa caratteristica universale combinata con l’adattabilità che permette alla natura di affrontare i rapidi cambiamenti (soprattutto climatici)”
Peter Del Tredici per Domusweb
(Sommariva E., “Umani in quarantena, la natura conquista le città: esercizi di coesistenza”, 27 marzo 2020)
Botanico e autore americano. È stato per 35 anni ricercatore senior presso l’Arnold Arboretum e docente presso la Harvard Graduate School of Design.